Psicologia, Psichiatria e Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale Centro di Schema Therapy EMDR e Mindfulness ad Arezzo

Elaborare i Traumi

Articolo a cura della Dr.ssa Chiara Mercurio

 

 

 

 

 

 

 

Perché, a volte, non riusciamo a lasciarci il passato alle spalle?
È possibile elaborare un trauma, anche a distanza di anni?

Forse qualcuno si stupirà leggendo questa frase: il nostro cervello è fisiologicamente orientato alla salute, è biologicamente programmato all’autoguarigione .
In realtà non dovrebbe stupirci se pensiamo che anche quest’organo fa parte del nostro corpo: quando ci feriamo, il nostro organismo produce una serie di modificazione che permettono la cicatrizzazione della ferita e la guarigione. Allo stesso fine è programmato il cervello.
Tutte le esperienze che facciamo nella nostra vita, dalle più banali a quelle più complesse, vengono elaborate dal cervello in modo che vadano a far parte del nostro patrimonio di conoscenze, che ci saranno utili per affrontare altri eventi. In condizioni normali, le informazioni che provengono dalle esperienze che facciamo vengono elaborate creando collegamenti con esperienze passare favorendo la riduzione dello stress, il processo di risoluzione dei problemi, ecc. Ciò è possibile perché esiste un sistema innato in tutte le persone, fisiologicamente orientato ad elaborare le informazioni nell’ottica dell’autoguarigione.
Naturalmente, il nostro cervello è predisposto ad elaborare anche quelle esperienze che possono suscitare in noi emozioni spiacevoli molto intense.
Ci sono casi, però, in cui questo meccanismo si “inceppa” e non riesce ad elaborare efficacemente un episodio. Ecco, allora, che il detto “il tempo cura tutte le ferite” non sempre è vero: alcune esperienze possono rimanere congelate nella nostra memoria così come le abbiamo vissute e, a distanza di settimane, mesi e addirittura anni, possono riattivarsi con tutte le emozioni, sensazioni fisiche e pensieri di quando l’evento si è verificato. I sintomi, le problematiche che sperimentiamo nel presente sono il risultato dell’attivazione di ricordi non elaborati.

Oggi parliamo di alcuni tipi di esperienze che possono essere “mal digerite” dal nostro cervello: parliamo dei traumi con la T maiuscola, che comprendono disastri naturali (terremoti, inondazioni), incidenti, abusi sessuali, ecc. ovvero tutte quelle esperienze che hanno comportato un rischio per la propria incolumità o quella altrui.
In seguito all’esposizione a situazioni del genere è possibile sviluppare un Disturbo da Stress Post Traumatico.
Ecco il primo criterio per poter fare diagnosi, secondo il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, quinta edizione (DSM-5) .
La persona è stata esposta ad un evento traumatico nel quale erano presenti entrambe le caratteristiche seguenti:
1) la persona ha vissuto, ha assistito, o si è confrontata con un evento o con eventi che hanno implicato morte, o minaccia di morte, o gravi lesioni, o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri.
2) la risposta della persona comprendeva paura intensa, sentimenti di impotenza, o di orrore.
Sottolineiamo che non sempre vivere un evento traumatico porta necessariamente ad un Disturbo da Stress Post Traumatico. Quando, allora, sospettare di averlo sviluppato? È necessario che siano presenti una serie di sintomi, come previsto dal Manuale.
Eccone alcuni:
− L’evento traumatico viene rivissuto persistentemente, ad esempio con ricordi spiacevoli, ricorrenti e intrusivi dell’evento (immagini, pensieri, sogni spiacevoli, sensazioni di rivivere l’esperienza, flashback, reattività fisiologica, ecc.);
− Evitamento persistente degli stimoli associati con il trauma e attenuazione della reattività generale (non presenti prima del trauma), ad esempio sforzi per evitare pensieri, sensazioni, attività, persone, luoghi associati al trauma, riduzione dell’interesse per attività prima significative, affettività ridotta, sentimenti di diminuzione delle prospettive future, ecc.;
− Sintomi persistenti di aumentato arousal (non presenti prima del trauma), come disturbi del sonno, irritabilità, difficoltà di concentrazione, ipervigilanza, esagerate risposte di allarme;
− Questi sintomi devono essere presenti per almeno un mese.

Come possiamo affrontare questo disturbo? Ad oggi, uno degli approcci scientificamente validati e riconosciuti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e da molte altre associazioni a livello internazionale come trattamento efficace per la cura del trauma e dei disturbi ad esso correlati è l’EMDR (dall’inglese Eye Movement Desensitization and Reprocessing, Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari). “Dopo una o più sedute di EMDR, i ricordi disturbanti legati all’evento traumatico vengono desensibilizzati, cioè perdono la loro carica emotiva negativa. Il cambiamento può essere molto rapido, indipendentemente dagli anni che sono passati dall’evento, come mostrato dalla ricerca. L’immagine del trauma cambia nei contenuti e nel modo in cui si presenta, i pensieri intrusivi in genere si attutiscono o spariscono, diventando più adattivi e le emozioni e sensazioni fisiche si riducono di intensità. Dal punto di vista clinico e diagnostico, dopo un trattamento con EMDR il paziente non presenta più la sintomatologia tipica del disturbo da stress post-traumatico, quindi non si riscontrano più gli aspetti di intrusività dei pensieri e ricordi, i comportamenti di evitamento e l’iperarousal neurovegetativo nei confronti di stimoli legati all’evento, percepiti come pericolo. Un altro cambiamento significativo è dato dal fatto che la persona discrimina meglio i pericoli reali da quelli immaginari condizionati dall’ansia”.

Bibliografia
Shapiro, F., Lasciare il passato nel passato. Astrolabio, Roma 2013.
American Psychiatric Association (2014), DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Milano, Raffaello Cortina

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