A cura della Dott.ssa Giovanna Mengoli
It’s all about the Journey not the Destination”
Ralph Waldo Emerson
La formica è saggia ed esperta, ma non abbastanza da prendersi una vacanza”
(Clarence Day).
“Non vedo l’ora di andare in ferie e staccare la spina per un po’! Il tempo a disposizione mi basterà per ricaricarmi? Devo assolutamente pensare a cosa mettere in valigia, lasciare la casa in ordine e concludere le commissioni. Il solo pensiero di aver lasciato qualcosa in sospeso mi crea ansia.”
Ogni anno in partenza per le ferie ci ripetiamo la solita cantilena ed un’insolita agitazione comincia a serpeggiare.
Ma com’è possibile provare ansia nei confronti di quello che è il momento dell’anno maggiormente atteso ovvero le meritate vacanze?
Tranquilli si tratta di una condizione molto comune.
Molti di noi vivono l’attesa delle vacanze come una “lunga notte di San Silvestro” .
È forte insomma la tentazione di “fare il bilancio dell’anno” cioè di far partire un “film mentale” fatto di buoni propositi aspettando l’inizio del nuovo anno che per la maggior parte delle persone coincide con il mese di settembre.
A questo punto la vacanza diventa motivo di stress mentale…di prima categoria! Specialmente durante gli ultimi giorni di permanenza la paura del ritorno a una quotidianità che ci spaventa, nella quale sentiamo di non essere felici, diventa insostenibile. Certo, vorremmo tornare dalla vacanza cambiando tutto e diciamo:
“Basta da settembre la mia vita deve cambiare, mi metto a dieta, cerco un lavoro migliore, mi iscrivo in palestra”.
Proprio perché il ritorno dalle vacanze deve coincidere con un nuovo inizio, gli ultimi giorni prima di partire ci prende una sorte di frenesia dettata dal desiderio di “mettere a posto” e di chiudere in pari le questioni rimaste in sospeso.
In genere quello che ci preoccupa è che tutto ciò che è rimasto in sospeso possa esplodere proprio mentre noi siamo in vacanza, magari lontani molti kilometri dai nostri uffici.
Se la maggior parte di noi queste paure svaniscono dopo poche ore dalla partenza, lasciando spazio alla gioia di poter stare con i nostri cari, alla possibilità di prenderci cura maggiormente dei nostri bisogni, per alcuni di noi le vacanze continuano a rappresentare una fonte di ansia e tensione.
Spesso la nostra inquietudine deriva dalla paura di non poter esercitare un controllo delle situazioni o di non poterlo esercitare in pieno essendo distanti, ad esempio, dal nostro ufficio o dai nostri cari.
Tutti noi proviamo un senso di gratificazione quando siamo capaci di gestire le situazioni e dare la direzione che desideriamo agli eventi della nostra vita.
Tuttavia se il bisogno di controllo diventa un imperativo irrinunciabile, le ferie rappresentano un momento di massimo stress perché appunto lontano da casa non solo non possiamo esercitare il consueto controllo ma siamo incapaci di sopportare l’incertezza di ciò che potrebbe accadere in nostra assenza.
Per le persone inquiete, l’ignoto significa pericolo. Ma l’incertezza ha, in realtà, un carattere neutro rispetto all’esito.
“Non so come andrà al mare quest’anno, mi divertirò? La pratica su cui ho lavorato sarà andata a buon fine?”
Ma il solo fatto di non sapere come saranno questi eventi non significa che saranno negativi: sono semplicemente ignoti.
Fra le cose che non so ci sono anche i risultati positivi che ci saranno in futuro.
Invece di concentrarvi sull’ignoto e di equipararlo al pericolo o a un esito negativo, dovreste dirigere la vostra attenzione sui dati di fatto di cui siete a conoscenza. Se pensate che il problema da risolvere sia “risolvere i problemi riguardanti l’inconoscibile”, finirete per provare un senso di impotenza.
Perché allora voler risolvere i problemi che riguardano l’inconoscibile? Non è detto, infatti, che qualcosa possa essere un problema solo per il fatto di essere ignoto o inconoscibile.
Un’altra fonte di tensione è rappresentato dal giudizio che gli altri (colleghi, datore di lavoro) potrebbero esercitare in nostra assenza sul nostro operato.
“Cosa potrebbero pensare di me se in mia assenza succedesse qualcosa che ha a che fare con mio operato?”.
La credenza di base è che per poter essere bravi e capaci non si debba sbagliare mai e che errori e dimenticanze siano segni di incapacità che possono condurre a conseguenze nefaste.
In realtà, dimentichiamo che tutti sbagliano e che è proprio della natura umana e che se anche avessimo commesso degli sbagli sono poche le cose alle quali non è possibile porre rimedio. Inoltre, quella che è la percezione che gli altri hanno di noi deriva da tutto quello che siamo. Buono e meno buono compresi.
Ed infine non dimentichiamoci che tutte le emozioni (anche quelle spiacevoli) ci consentono di conoscere il significato degli eventi: le emozioni ci consentono, cioè, di comprendere che cosa è importante per noi. Tutte le emozioni contengono delle informazioni. Accorgersi di provare ansia o rabbia può renderci consapevoli di determinati bisogni. Le emozioni intensamente negative non sono solo un segno d’ irrazionalità, ma possono essere un segnale dell’esistenza di un problema e di un modo inadeguato di affrontarlo.
Utilizziamo allora il momento delle vacanze come una riflessione su quello che manca alla nostra vita per affrontare con un maggiore slancio costruttivo la nostra vita a settembre.
D’altra parte non dimentichiamoci che l’importante non è l’arrivo, ma il viaggio e che se qualcosa manca in valigia si può sempre acquistare.